Vi ricordate quand’era solo Sgarbi ad urlare e in tanti riflettevamo sul perché? Al di là dei contenuti, era la modalità aggressiva che suscitava perplessità. Ebbene, oggi Sgarbi non fa più alcuna impressione; è solo uno tra i tanti, in un mondo di urlatori.
Benvenuti nella realtà di chi dialoga a voce alta e attacca l’altro appena quest’ultimo mostri di non pensarla allo stesso modo. Ma anche l’altro non se ne sta a guardare, urla ancora più forte nel tentativo di sopraffare.
In conclusione, gran confusione, ognuno rimane sulle proprie posizioni e nessuno coglie minimamente le idee dell’altro perché non le ha ascoltate.
Un tempo (forse ormai troppo lontano) si argomentava, si discuteva, si controbatteva, il tutto nel rispetto dell’altro, prendendosi i propri ambiti, ma anche concedendo il giusto spazio e tempo all'interlocutore.
E chi ascoltava un dibattito, capiva, comprendeva le diverse posizioni e in qualche modo criticamente riusciva anche a maturare un proprio punto di vista. C’è di più, una volta metabolizzata una propria idea, era anche in grado di spiegarla con chiarezza accettando le critiche e argomentando a sua volta.
Oggi la tendenza è capire in modo sommario e superficiale (direi male) le cose, accontentarsi di quel poco che si è capito, farlo proprio confusamente e partire all’attacco a discuterne con gli altri. Se gli altri sono d’accordo bene, ma se solo accennano un’idea un pizzico diversa, ecco che scattano le urla, gli epiteti e le offese.
Perché siamo arrivati a questo punto? Perché non siamo più in grado di dialogare, di confrontarci, di riuscire con umiltà anche a tornare sui nostri passi e cambiare idea?
Intanto di certo non aiutano la comunicazione virtuale e la frenesia della vita quotidiana, il fatto che cioè andiamo sempre (non si sa perché) di fretta e preferiamo tirare avanti giorno e notte con messaggi scritti o verbali sui social.
Ci è mai venuto in mente che non è affatto perché non abbiamo tempo che utilizziamo questi metodi sbrigativi?
Non è che mandando un messaggio scritto o registrato forse preferiamo evitare il dialogo e il confronto immediato con l’altro per poter dire tranquillamente la nostra? Quante volte, l’altro ci risponde esponendo un diverso pensiero e noi non gli rispondiamo più, o peggio iniziamo una lotta all’ultimo audio cruento per avere la meglio? Successo mai, che dopo un forsennato susseguirsi di messaggi offensivi vi siate poi calmati o riappacificati? Direi difficile.
Aggiungerei un altro importante fattore: la frustrazione negata. Decidiamo di esprimere le nostre opinioni nel web e accade spesso che o non ci si fila nessuno o riceviamo solo plausi. Ebbene, pur sapendo che nei social operi un algoritmo per cui dichiarando la nostra opinione riceveremo prevalentemente conferme e dovendo quindi nutrire il sensato dubbio di non essere infallibili, tuttavia preferiamo negare tutto questo e tenere alta l’autostima concludendo che il mondo intero la pensi come noi.
I veri problemi sorgono poi quando capita di confrontarci personalmente con qualcuno, in totale assenza di algoritmi, e quel qualcuno dissente dal nostro punto di vista. Ecco allora la frustrazione negata che emerge prepotentemente e sfocia in rabbia, urla e prevaricazione.
Infine, ma non meno rilevante, la metabolizzazione sociale dell’aggressività. In certi contesti, come le tribune politiche, i reality show e alcune trasmissioni soprattutto radiofoniche che vorrebbero insegnare a ragionare ma con le urla e la sovrapposizione delle voci (?), l’urlare viene utilizzato come strumento per attirare l’attenzione o per sopraffare gli altri, normalizzando a livello sociale un comportamento aggressivo. In altri termini, se alzo la voce, sono certo che avrò la meglio e il mio punto di vista verrà accolto.
Premesso che per fortuna ci sono ancora tante persone che preferiscono creare empatia, utilizzando sapientemente e coscienziosamente l’ascolto attivo e l’assertività, mi sono comunque sforzato di pensare a un modo realistico per contrastare questa diffusa tendenza urlatrice della società di oggi che porta a una pericolosa spirale di incomprensione e conflitto.
Ebbene, i consigli che ritengo di poter dare, in particolare ai giovani che stanno edificando la società del domani, sono di:
- non isolarsi e non abbandonare il confronto quando l’altro aggredisce verbalmente, ma sforzarsi con tanta pazienza di ricondurre il dialogo nei corretti binari;
- non fingere soprattutto con sé stessi che il mondo intero la pensi come noi e riconoscere, comprendere ed accettare la giusta frustrazione che nasce in noi dal fatto che qualcuno possa vedere le cose diversamente;
- confrontarsi con lo stato d’animo di chi intende approfondire delle tematiche, capire meglio, comprendere il punto di vista dell’atro e magari farlo proprio cambiando addirittura idea se del caso.
In conclusione: cerchiamo sempre il dialogo e confrontiamoci per migliorare, non per vincere.